Assemblea di Roma: La relazione di Francesco Rutelli

 

 Carissime amiche ed amici,

la  disponibilità di tutti voi nel sobbarcarvi il viaggio e la partecipazione a questa Assemblea, ciascuno a proprie spese, esige un fortissimo ringraziamento: noi ci siamo, perché ci sono nel nostro paese ancora molte persone che credono nella politica, nel suo valore, nella sua libertà, nella sua onestà e dignità.

 L’attenzione di tutti nei lavori di ieri, la grande presenza di oggi ci dicono che era giusto prevedere un terzo appuntamento nazionale, dopo Parma e Napoli, in appena quattro mesi. Gli avvenimenti politici di questi giorni non hanno infatti il sapore della cronaca: hanno l’eloquente forza di cambiamenti profondi. E chi, come noi, ha deciso di mettersi in causa, con coraggio e una precisa visione del nostro paese, sa che ci troviamo ad uno snodo decisivo.

 Ci era stato preannunciato un magico triennio della stabilità e delle riforme, al riparo delle elezioni. Ma il centrodestra, che dispone di una maggioranza e di un potere senza precedenti in 60 anni di Repubblica, anziché governare in base al largo mandato elettorale ricevuto, si trova nella crisi più grave da 16 anni a questa parte. Perché?

 Perché questo bipolarismo, come noi abbiamo precisamente indicato, è entrato in crisi. A chiunque voglia condividere con noi, nel tempo che viene, nuovi scenari politici, noi chiediamo di condividere l’analisi che porta a questa solare verità. La dinamica ventennale del bipolarismo non ha portato l’Italia a un maturo confronto tra coalizioni; esso non è divenuto “mite”, ma si è basato su un totale antagonismo di pro/anti Berlusconi, che allontana persino le più basilari ed ovvie convergenze repubblicane; spinge le coalizioni, anziché a misurarsi “al centro”, a sbilanciarsi verso le estreme; non ha visto nascere  un agognato “centrodestra europeo”, né un partito democratico capace di fondare un nuovo pensiero e di lasciare alle spalle i limiti delle culture delle sinistre del XX secolo. L’Italia dei contemporanei Guelfi e Ghibellini è inchiodata, da una parte, su una destra che ha scelto il modello populista, personale, plebiscitario; dall’altra, su una sinistra che ha molte anime sinceramente riformiste, ma che non riesce neppure a definire se stessa (tra i pro-presidenzialisti e i loro contrari; tra i tifosi delle primarie e i loro critici; tra gli irriducibili giustizialisti e i loro avversari; tra i liberali timidi e i post-comunisti orgogliosi). Non nutriamo alcuna inimicizia verso il PD. Con realismo, sappiamo che non riuscirà a dettare l’agenda pubblica per il paese.

Si riuniscono qui, care amiche ed amici, coloro che non intendono far parte di una riedizione dell’Unione incoerente delle sinistre. Coloro che non intendono allinearsi alla destra populista. E se è vero che noi vogliamo rendere l’onore alla politica, diciamo che non ha nulla a che fare con l’onore e la democrazia lo schiacciamento deliberato di qualunque dissenso deciso dalla maggioranza del PdL. A cosa si vuole ridurre l’articolo 67 della Costituzione (“Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”), dopo aver costretto i Parlamentari al rango di yes-men, non eletti, ma nominati! Non ci dice nulla il voto drammatico sulla riforma sanitaria al Congresso americano, su cui Obama ha giocato tutta la sua credibilità, che è passata con appena 4 voti di margine, ma su cui ben 34 deputati dello stesso partito Democratico hanno mantenuto il voto contrario? La forza della democrazia sta nella decisione, ma il fondamento della democrazia è nella libertà.

 Le previsioni che avevamo messo in campo, amiche ed amici, si stanno rivelando esatte.

  1. Il risultato dell’azione politica di una formazione che ha scelto di non definirsi come partito, ma come “popolo”, imperniata su un populismo senza moderazione e sul rigetto della politica intesa come sintesi creativa e responsabile al servizio dell’interesse generale ha favorito, nel Nord del paese e non solo, il successo del più genuino ed efficace interprete di questo approccio: la Lega. E’ un evento che va in profondità: su 3.344 Comuni del Nord – Liguria inclusa – sotto i 15.000 abitanti, la Lega è primo partito in 1.411(in appena due anni, ha raddoppiato il suo primato), e il PdL in 1.356.
  2. Berlusconi ha lucidamente deciso non di distinguersi, ma di appoggiarsi alla Lega.
  3. Il co-fondatore del PdL, Gianfranco Fini, ha rotto la sua intesa politica con Berlusconi.
  4. La sinistra è fuori gioco; non riesce a proporre un’idea strategica sul futuro del paese, né progetti alternativi sui temi che toccano la vita degli italiani. E’ in minoranza, incalzata da altre minoranze: da una componente interessata solo alla contrapposizione a Berlusconi, che ora viene incalzata a sua volta da una componente anti-politica e ancor più giustizialista (che è stata determinante per la vittoria della Lega e della destra in Piemonte).

Dello scenario che avevamo previsto, si sentono per ora solo gli scricchiolii dell’ultima conseguenza attesa: la nascita di un Partito del Sud; ovvero, la reazione allo spostamento di potere verso Nord con la creazione di un aggregato a vocazione corporativa, localistica – e non necessariamente trasparente – che accompagnerebbe alla frattura completa il nostro paese.

 Eppure, sentiamo ancora risposte troppo timide o incerte. Nonostante il numero enorme di coloro che non hanno votato, che ci interpellano: sono astensioni cui dobbiamo rispondere con franchezza e con forza, perché sono espressione di attesa, piuttosto che di un rifiuto definitivo. Testimoniano anch’esse la crisi del bipolarismo – che si riflette nella perdita drammatica di milioni di voti ai due maggiori partiti – e ci dicono che la tattica non porta lontano: vado qui o là contro la Lega, come 16 anni fa, con alleanze diversificate tra Nord e Sud; oppure, appoggio questo o quel Governatore regionale, nell’illusione che risponda a Fini anziché a Berlusconi. Aggiungo: siamo sicuri che alle attuali opposizioni gioverebbe presentare al Paese, in vista delle prossime elezioni, una “union sacrée” stile CLN? Sarebbe credibile, o non sarebbe manifestamente incapace di governare? Non occorre fretta, non abbiamo fretta. Casini e l’UDC non potranno che sviluppare il percorso iniziato negli ultimi due anni. Occorre dare anche a Gianfranco Fini tempo e modo per fare, secondo i suoi convincimenti, il cammino difficile e nuovo che ha iniziato. Le convergenze che è necessario e possibile costruire debbono essere basate sulla condivisione dell’analisi, sulla condivisione della strategia, sulla condivisione di un trasparente progetto di governo.

Solo la coerenza può costruire il nuovo Polo, la nuova alleanza che incontri la fiducia dei cittadini.

 Sono passati appena 130 giorni dalla nostra prima Assemblea di Parma. Abbiamo agito senza un centesimo di finanziamenti pubblici. Abbiamo avuto spazi di comunicazione del tutto marginali. Non abbiamo certamente goduto di supporti o protezioni speciali.

Abbiamo nuotato in mare aperto, e controcorrente.

Eppure, contiamo risultati positivi e molto promettenti. Abbiamo formato le nostre autonome componenti parlamentari sia alla Camera che al Senato. Siamo prossimi ai mille Comuni in cui sono presenti eletti che aderiscono al progetto di Alleanza per l’Italia. Nelle elezioni di fine marzo, condotte in solo quattro regioni, assolutamente senza mezzi economici, mentre si facevano circolare sondaggi che ci attribuivano degli zero virgola e le tv ci dedicavano lo zero virgola dell’informazione, in pochi giorni abbiamo raccolto quasi il tre per cento dei voti. Era la più proibitiva delle scadenze elettorali, ma abbiamo registrato risultati importanti in molte città e raccolto parecchi voti di opinione. Soprattutto, abbiamo iniziato a seminare nel modo giusto. Ci sono negli enti locali diverse decine di eletti sotto il nostro simbolo; in questi giorni entrano nei governi territoriali assessori in rappresentanza di ApI. Parleranno tra poco alcuni di loro. Ma fatemi citare per tutti una donna che è un simbolo del nostro impegno, e del nostro successo: si è dedicata alla politica lasciando la Presidenza di una delle più grandi realtà internazionali dell’impresa sociale; ha condotto una bellissima battaglia elettorale, è stata appena nominata assessore all’agricoltura in Basilicata. E’ Vilma Mazzocco, è la prima donna – ex aequo – a occupare un incarico di governo regionale in 40 anni di vita di quella regione. Da domani, sarà a maggior ragione impegnata con noi nella costruzione di Alleanza per l’Italia.

Oggi registriamo segni importanti: diamo il benvenuto agli amici del Comitato liberale per ApI e di Alleanza ecologica per l’Italia. Siamo un movimento di laici credenti e non credenti in cui tanti cattolici si sentono a casa propria. Ascoltiamo voci importanti del riformismo socialista che stanno aderendo.

Io mi sono impegnato a Parma ad essere giocatore, ma soprattutto allenatore. Niente è più importante: aiutiamoci a far crescere in ogni parte d’Italia centinaia di nuove personalità che siano capaci di servire ad alto livello, nei prossimi anni, questo nostro paese!

Abbiamo deciso ieri il percorso che ci porterà a definire uno Statuto, e un modello organizzativo originale e snello, capace di radicamento e autonomia territoriale – un problema cui debbono dare risposte forti e incisive innanzitutto i nostri amici del Nord, e ci aspettiamo molto da Lorenzo Dellai – entro la cornice unitaria di una strategia politica e progettuale chiara e innovativa.

Vi chiedo subito di lasciare 4 giorni liberi nella vostra agenda: dal 2 al 5 settembre. Vi porteremo in un luogo molto bello, nel centro geografico dell’Italia, dove trascorrere giornate di formazione per i nostri giovani, incontri pubblici con le maggiori personalità della politica, presentare le nostre proposte. Il luogo è ancora un segreto, ma lo sveleremo presto, e confido che molti di voi avranno il piacere di vivere un’altra esperienza di convivialità in questa nostra famiglia politica che è nata.

 Ora, è il momento di confermare la promessa che abbiamo formulato. E’ il momento di definire la nostra identità sulla base di precise iniziative. Non su definizioni politicanti, né topografiche. Non solo definendo ciò che non siamo e non intendiamo essere. Sapendo che non si va da nessuna parte con la sola evocazione della necessità del “radicamento territoriale”. Occorre radicarsi davvero, ma farlo con proposte che parlano alle persone. Perché i giovani sono distanti; gli anziani chiedono di poter essere attivi e utili; le famiglie soffrono la crisi economica, ma anche il boom delle droghe e dell’alcol tra i figli; i ceti popolari apprezzano l’integrazione degli stranieri e in genere non derogano dai princìpi di umanità, ma non sopportano la retorica multiculturali sta; il mondo della piccola impresa, delle professioni, del lavoro autonomo è sempre più scontento. E’ affrontando questi problemi in mezzo alla gente, non con pensosi frammenti di dichiarazioni nei tg, che si conquistano consensi.

 L’alternativa al bipolarismo si costruisce imboccando la strada che fa tornare l’Italia a crescere. Conosciamo le condizioni di svantaggio economico e sociale del nostro paese, e i suoi elementi di tenuta. Conosciamo la minaccia persistente della mancata riforma della governance finanziaria globale. Critichiamo la paralisi di un governo che appare comprensibilmente sulla difensiva, ma in realtà è immobile. Non occorrono formule economiche, ma rimettere in ordine, far funzionare meglio il paese. Perciò vi propongo, in intesa con i promotori di Alleanza per l’Italia, di definire su 6 temi fondamentali altrettante precise proposte su cui costringere maggioranza ed opposizioni a misurarsi per dare una svolta all’Italia.

* Sistema elettorale: ci sono certamente simpatie verso un doppio turno basato sui collegi. Ma credo che la nostra visione debba portarci ad adottare la scelta esplicita e chiara per il sistema tedesco: proporzionale con sbarramento, che fa esprimere cinque partiti che si alleano in modo trasparente per un governo stabile, senza l’orrido, antidemocratico premio di maggioranza, che inchioda tutti a questo bipolarismo in crisi.

* Riforma del fisco: dobbiamo uscire dall’incubo alta pressione ed estrema complicazione/ enorme sommerso, come ricorda sempre Bruno Tabacci. Non possono esistere due Italie, pena l’impossibilità di avere uno Stato moderno, con servizi decenti, investimenti adeguati, opportunità per tutti. Non è affare di aliquote, ma di un’alleanza con i contribuenti e una collaborazione – non una guerra – con le categorie professionali, per un piano il più possibile condiviso per l’emersione di una quota significativa ed equa della ricchezza imponibile.

* Giustizia: solo noi possiamo permetterci di avanzare alcuni punti-chiave di riforma fuori dall’impazzimento delle leggi ad hoc e la faziosità giustizialista. Per la certezza della pena e le garanzie al cittadino.

* Ecologia: è uscita dall’attenzione dell’opinione pubblica. Ma la green economy è a portata di mano, e costituisce un’opportunità in particolare per il Mezzogiorno. Intanto, l’inazione del Governo ci costringe a pagare miliardi di multe per il mancato rispetto degli impegni internazionali.

* Il processo del federalismo: non è un’ideologia. E’ per molti versi una scelta giusta, ma contiene incognite enormi, errori da correggere, trappole. Dieci anni dopo la modifica del Titolo V e mentre si annunciano nuove sfide leghiste, tocca a noi dire tutta la verità agli italiani e proporre un federalismo intelligente e efficiente.

* Occupazione: se questa è la priorità per persone, famiglie, imprese, è necessario varare una riforma per il mercato del lavoro e i contratti, che esca dai meccanismi obsoleti che tutelano sempre meno persone e lasciano scoperti milioni di precari, di autonomi, di invisibili. Il governo è immobile, il PD è spaccato su tre posizioni diverse.

 

Vi propongo, dunque, di raccogliere le disponibilità delle migliori energie che si riuniscono attorno ad Alleanza per l’Italia. Di creare gruppi ristretti di parlamentari, tecnici ed esperti, amministratori, e di varare nei prossimi 60 giorni proposte asciutte, incisive, chiare e nette, su queste sei scelte strategiche per il futuro del nostro paese.

Le sottoporremo poi alle forze politiche – innanzitutto, agli amici dell’UDC – e ne faremo l’asse  dell’iniziativa politica dei prossimi anni, e in vista della formazione di un programma di governo.

Un programma per il nascente “terzo polo” della politica italiana che vuole candidarsi, nell’arco dei prossimi anni, a diventare il primo. Io credo che come è saltata miseramente l’illusione del bipartitismo, così scoppierà la “bolla” di questo bipolarismo. E, forse, lo scenario che vediamo aprirsi sorprendentemente nel Regno Unito con l’avanzata fresca e innovativa dei libdem dell’amico Nick Clegg potrebbe aprirsi in Italia prima di quanto si possa immaginare.

 Perché, amiche e amici, noi vogliamo uscire dall’impotenza del potere della destra e dalla povertà dell’opposizione di sinistra. Alla vigilia del simbolico compleanno della Nazione, vogliamo portare al posto che le spetta una politica che sia sintesi efficace tra le virtù delle diversità e la sapienza e la pazienza del cammino unitario. Anche per questo, permettetemi di rivolgere un messaggio di gratitudine ed apprezzamento per il lavoro che svolge al Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, certezza e garanzia in questa stagione difficile. E fatemi trasmettere da qui un messaggio di affetto e amicizia a Carlo Azeglio Ciampi, che ho avuto l’onore di prescegliere, tre anni fa, come Presidente del Comitato dei Garanti del 150° dell’Unità d’Italia; che oggi si è dimesso per motivi legati alla fatica della sua età: che il Governo dovrà sostituire con una personalità altrettanto fedele ai princìpi e ai valori della nostra Costituzione.  

Adesso possiamo dire davvero che abbiamo iniziato; se, come amo ripetere con Hannah Arendt, “la politica è la facoltà di dare inizio”. Se “è proprio di ogni cominciamento un carattere di sorpresa iniziale. Poiché il nuovo si verifica sempre contro la tendenza prevalente delle leggi statistiche e delle loro probabilità”.

Noi siamo come un vascello. Di democratici. Di liberali. Di popolari non populisti. Di riformatori. Di persone che hanno deciso di rischiare ciò che avevano, per cercare di essere migliori. E di essere più utili, al servizio del proprio paese.

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