Intervento di MEI in occasione della discussione sul PRAE

Riporto, di seguito l’intervento di Mario MEI in occasione della discussione sul Piano Regionale delle Attività estrattive: un chiaro sostegno al settore e al nostro territorio.

“Oggi, finalmente, arriva in Aula, per la discussione definitiva, il Piano Regionale Attività Estrattive.

Di questo voglio, da subito, ringraziare il Presidente Saponaro, che, con la caparbietà e lo zelo che gli sono soliti, ha intelligentemente stimolato e contingentato i lavori di Commissione,  al fine di addivenire alla conclusione di un percorso normativo, su cui si sono avvicendate molteplici Amministrazioni regionali di diversi colori e sensibilità in un arco di tempo, che supera i venti anni.

Il PRAE rappresenta uno strumento fondamentale ed improcrastinabile che – superata la fase emergenziale – pianifica e monitora,  sistematicamente  ed in modo organico,  un settore strategico dell’economia laziale. Si tratta, come ho già detto, di un provvedimento atteso da più di venti anni,  che consentirà alle imprese del settore di uscire dalla lunga fase di transizione,  che ha caratterizzato il rilascio delle autorizzazioni alle attività estrattive, gli ampliamenti, le proroghe.

Ricordo a tutti i colleghi che, oggi, tutte le richieste autorizzatorie devono superare defaticanti passaggi amministrativi e, infine, ricevere il parere obbligatorio e vincolante di due commissioni consiliari.

Non è più plausibile che un investitore, determinato ad intraprendere un’attività estrattiva, debba aspettare più di cinque anni e 86 passaggi amministrativi per ricevere l’autorizzazione del proprio piano di coltivazione. Questo iter, farraginoso e ridondante, non consente una programmazione certa sui tempi e sull’esito delle richieste, con ripercussioni intollerabili per il settore in termini di pianificazione degli investimenti e di garanzie sui livelli occupazionali.

Tutto ciò ha determinato, come conseguenza,  che non si è avuta, da parte delle imprese, una programmazione nel medio/lungo termine, a causa della complessità del quadro normativo, il quale non ha mai dato all’imprenditore certezze per il futuro degli investimenti.

Il piano, votato all’unanimità in Commissione,  anche in considerazione del fatto che  buona parte del lavoro svolto nella precedente legislatura è stato ricompreso nel provvedimento, è stato redatto mediante l’ausilio del Ceri (Centro di Ricerca dell’Università La Sapienza di Roma) attraverso l’utilizzo di moderne tecnologie informatiche,  ed è strumento dinamico, che permette una fotografia abbastanza fedele ed in tempo reale dell’attività estrattiva nella Nostra Regione.

Io ed il Gruppo di Alleanza per l’Italia, che mi onoro di rappresentare salutiamo, pertanto, con soddisfazione e con la necessaria enfasi, l’approdo odierno.

Lo saluto con soddisfazione, perché va a colmare un mancanza ventennale di decisione. La mancanza di decisioni crea dei vuoti,  nei quali si insinua facilmente l’ideologia. Purtroppo sulle cave c’è stato e c’è ancora un eccesso di ideologia.

Per questo nei minuti, che mi sono concessi,  vorrei dare qualche informazione, utile per meglio inquadrare il tema, sul ruolo dell’attività estrattiva nel contesto regionale.

L’attività estrattiva è un mestiere antico ed un settore di pregio,  nel quale possiamo vantare esperienza, storia e prestigio. Credo che sia nota a tutti i presenti la bellezza dei materiali estratti nella nostra Regione,  dei quali si sono fregiati sculture, piazze e palazzi in tutto il mondo.

Ed è anche un settore importante e strategico dell’economia regionale: nel Lazio sono impiegati circa 8000 addetti,  oltre ad un cospicuo e non censito indotto.

In Italia gli addetti sono circa 14.000 per un totale di 1.800 imprese.

Questo settore risente, come altri, della crisi mondiale: le imprese, infatti, stanno facendo ampio ricorso alla cassa integrazione e alle diverse forme di mobilità volontaria.

L’attività estrattiva fornisce, inoltre,  la materia prima per l’edilizia. Il rilancio della stessa edilizia – quella privata, ma anche le grandi opere infrastrutturali – rappresenta, anche nel nostro territorio una concreta speranza di ripresa dall’ attuale crisi.

A questo, però, aggiungiamo qualcosa che il terremoto in Abruzzo ha evidenziato, ma che già si sapeva, cioè che la qualità delle costruzioni è strettamente legata alla qualità dei materiali impiegati.

Da qui il ruolo delle cave di qualità. E sul profilo l’importanza del PRAE, ossia di quello che potremmo comodamente definire come “il piano regolatore delle attività estrattive” è di pacifica comprensione, poiché dà certezza ad imprese, cittadini ed utenti finali.

Dire no alle cave, quindi,  significa di fatto porre un veto allo sviluppo infrastrutturale della nostra Regione e del nostro Paese.
Sono scelte di carattere politico.

Nel passato la figura del cavatore è stata in generale piuttosto impopolare: nell’immaginario collettivo si trattava di individui senza scrupoli, che sventrano colline e montagne in maniera indiscriminata. Se questo è stato vero in alcuni casi, i tempi sono decisamente cambiati e sempre più devono cambiare.

Oggi il cavatore, rectius l’impresa estrattiva, (si tratta, infatti, di vera impresa industriale) non  deve avere in mente unicamente il  profitto: è attenta all’ambiente, al paesaggio, alla sicurezza, ai rapporti con la popolazione, con il Sindaco, con le maestranze; usa tecnologie innovative, ad alta efficienza, sempre più sicure per l’uomo e per l’ambiente; opera un accurato controllo di gestione, che gli consente di optare sempre per le scelte a basso costo (anche ambientale); monitora costantemente i suoi impatti ambientali attraverso una rete di sorveglianza di ultima generazione;  pensa al ripristino della cava sin dalla fase di progettazione della stessa; si accorda con la popolazione per trovare soluzioni di ripristino ad alto contenuto ambientale (laghi, aree ricreative,…). Questo è il mondo estrattivo che dobbiamo concorrere a delineare.

Quindi, se ancora queste parole significano qualcosa, l’impresa estrattiva è e deve sempre più essere attenta allasostenibilità ambientale.

Sostenibilità ambientale è un termine, di cui spesso si abusa: non significa “non fare mai niente in nessun posto”,  ma piuttosto  “sparecchiare la tavola dove mangiamo senza lasciare ad altri questo compito”, prendendoci la responsabilità del sistema di vita, che TUTTI abbiamo scelto.

Propongo, innanzitutto, che la legislazione regionale collegata renda il PRAE un congegno flessibile. L’abbiamo atteso per più di vent’anni e,  presumibilmente, varrà per altrettanti. Deve, quindi, essere così generale e duttile da poter rispondere a scenari economici e sociali mutevoli e diversi. Il PRAE si calerà in un territorio nel quale c’è già, da decenni,  attività estrattiva,  per cui deve indicare linee di indirizzo tali da non paralizzare il settore ma da guidarlo correttamente.

Condivido l’idea della Regione di redigere un PRAE “negativo” per sabbie e ghiaie,  che indichi le zone in cui è vietato scavare,  ma, allo stesso tempo, chiediamo alla Regione di non sposare nel PRAE in maniera incondizionata il“principio di precauzione”.

Sarei, infatti, preoccupato per il futuro dell’economia regionale, se vedessimo nel PRAE divieti di cavare tout court.

Le attività ad impatto zero non esistono, ma non per questo deve essere perseguita in tutti i casi la cosiddetta “opzione zero” (cioè non realizzare mai niente). La norma europea offre – anzi impone – tutti gli strumenti,  affinché vi sia convivenza fra sviluppo e sostenibilità.

Riteniamo che debbano essere agevolati gli ampliamenti di cave esistenti rispetto all’apertura di nuove cave. Infatti – fatte salve alcune eccezioni – ampliare ha costi di investimento, infrastrutturali ed ambientali minori dell’apertura di nuove cave.

Uno dei presupposti del PRAE è l’analisi dei fabbisogni prevedibili di materiale. Riteniamo questo un passaggiochiave di questo prodotto legislativo. Anche in termini di adattamento del piano alla realtà bisogna partire dal presupposto che i fabbisogni di materiale dei prossimi dieci anni non possono essere valutati esclusivamente in termini di volumi di materiale. Men che meno se questi volumi sono i volumi autorizzati ad oggi, poiché sarebbe come camminare avanti con lo sguardo rivolto all’indietro.

L’analisi dei fabbisogni deve tener conto anche della qualità del materiale richiesto: voglio costruire ponti (quindi ho bisogno di calcestruzzo della miglior qualità) oppure ho bisogno di inerti per riempimenti? Inoltre deve essere valutata l’incidenza del trasporto. In questo modo lo studio può tener conto sia di aspetti di natura economica che di natura ambientale.

Sempre sul fabbisogno di materiale mi piacerebbe chiarire un concetto: spesso si sente dire “no cave ma recupero di materiali da demolizione”. Giusto e sensato. Tuttavia, voglio invitare chi usa questi slogan a richiedere l’autorizzazione per il recupero di inerti e verificare di persona che si tratta di una corsa ad ostacoli con esito incerto. Anche su questo, a mio avviso, è necessario intervenire.

Il percorso va, però, completato: il Piano e’ uno strumento, che costituisce la linea strategica del settore e che, pertanto, e’ un’ ineludibile base propedeutico/ concettuale per  fissare  i successivi “paletti” legislativi e regolamentari.

Bisogna, quindi, intervenire sulla legislazione collegata primo fra tutto modificando la l.r. 17/2004.  Il tentativo ultimo della Giunta, operato con la l.r. 168/2011,  anch’essa emendata e votata in Commissione unanimemente,  va implementato attraverso una riforma organica e di sistema, che abbia il PRAE stesso come orizzonte costitutivo degli interessi.

Vorrei fornire a tale proposito alcuni spunti all’Aula su una nuova norma per il settore estrattivo o, meglio, sulla calibratura che la modifica alla normativa esistente deve avere.

Conferenza dei servizi: le autorizzazioni per le cave dovranno passare attraverso una conferenza dei servizi, come avviene per tutte le autorizzazioni ambientali, nella quale le autorità, che hanno competenza sull’ambiente,  esprimono il proprio parere;

Eliminare l’escavazione contingentata, ma soprattutto porre come limite ultimo alle proroghe il progetto escavativo e di coltivazione autorizzato e non un mero limite temporale.

Consorzi: ritengo che nella nuova norma il ruolo dei consorzi debba essere valorizzato. I Consorzi dovranno essere interlocutori privilegiati in particolar modo in caso di opere infrastrutturali regionali anche gestendo cave dedicate a questi specifici interventi.

La lista degli argomenti potrebbe continuare ancora: potremmo parlare di ripristini, di fideiussioni, dello scavo in zona agricola. Mi fermo qui, perché, come è stato ribadito più volte, siamo certi  che questo momento sia l’inizio di un confronto costante e competente sulle attività estrattive nel clima di sereno confronto collaborativo, che ha caratterizzato fino ad ora i lavori di Commissione e di cui ringrazio ancora il Presidente Saponaro.

I prodotti del Lazio godono di una certa considerazione,  soprattutto le pietre ornamentali, come travertino, coreno, peperino e basaltino, prodotti con una grande potenzialità, apprezzati in tutto il mondo. Al settore delle attività produttive della Regione Lazio  il compito di migliorare l’attrattività del territorio, attuando una programmazione organica, con interventi mirati e di promozione, che coinvolgano le ditte le aziende o le imprese esercenti,  al fine di valorizzare le peculiarità del proprio prodotto.

Ad esempio, nei bacini del travertino dei Comuni  di Tivoli e Guidonia Montecelio, l’attività estrattiva e di lavorazione della pietra ornamentale ha reso il sito uno dei più importanti e conosciuti al mondo, sede di distretto industriale. (n.d.r. grazie Saponaro)

Lì la soluzione a alcuni problemi si è trovata grazie al piano stralcio, nel quale l’obiettivo della Regione è di riequilibrare il bacino, salvaguardando da una parte, le esigenze  di produzione di materiale ornamentale e, dall’altra, garantire il rispetto dell’ambiente e della qualità della vita in generale. Oggi, in ogni caso, non è più possibile estrapolare un settore, per quanto ampio e importante, dal contesto territoriale, in cui opera.  La risposta è proprio questo piano regionale di attività estrattive, che inquadri gli interventi della Regione in un’ottica comprensoriale, cercando il più possibile di favorire iniziative di livello consortile, e coinvolgendo tutte le realtà operanti in Italia, allo scopo di salvaguardare l’ambiente.

In definitiva, oggi, le  attività di estrazione dei minerali nel Lazio si possono svolgere con più tranquillità e pianificare con un minimo di certezza il medio termine e i produttori laziali di minerali hanno molte possibilità di crescere economicamente tramite l’internazionalizzazione e la commercializzazione dei loro prodotti

Investire per il futuro significa anche investire nella formazione: tutela del personale e sicurezza sul lavoro sono elementi  imprescindibili per le attività. E’ importate sottolineare che l’attività della Regione Lazio si deve concretizzare anche dal punto di vista della polizia mineraria per assistere e collaborare, tramite il personale addetto, con le aziende e i lavoratori del settore estrattivo.

E’ evidente come l’aspetto scientifico sia importante anche per quel che riguarda le innovazioni tecnologiche, che apportano maggior sicurezza nel comparto lavorativo degli operatori e degli investitori del settore.

Il compito dell’assessorato alle attività produttive della Regione Lazio, insieme agli imprenditori, è anche quello di diffondere una nuova concezione dell’attività estrattiva: oggigiorno esiste una concezione distorta dell’attività estrattiva ed è, quindi, necessario informare l’opinione pubblica che la realtà produttiva si inserisce a pieno titolo nel territorio dove opera ed è in grado di arrecare vantaggi alle comunità locali.

I concetti di impresa e di investimento non devono più essere collegati intrinsecamente all’interno dell’impresa, ma devono assumere un valore estrinseco nella società e nel territorio, in cui agisce l’azienda, ed è in tale direzione che la regione Lazio si deve evolvere.

Un altro punto critico, di particolare rilievo e di particolare delicatezza, anche al centro dell’attenzione di altre Regioni, è la gestione del delicatissimo rapporto tra esercizio dell’attività e ripristino ambientale.

Il recupero ambientale è un momento dello stesso ciclo produttivo.

Al di là del tema dei danni causati dall’attività mineraria sul territorio,  a causa di interventi non programmatici, è opportuno porre l’accento sull’attività mineraria,  intesa non come finalizzata all’estrazione del minerale, cioè a ricavarne un utile, ma a perseguire anche altri obiettivi.

Se,  a livello nazionale, le risorse minerarie fossero indagate, e tutte le zone a rischio di frana dal punto di vista della geomorfologia naturale fossero esattamente individuate,  si potrebbero sfruttare e estrarre del minerale tramite un procedimento,  che  permetta di alleggerire la zona a rischio-frana,  chiaramente dopo aver tenuto conto dei vari vincoli paesaggistici (autorizzazioni, pareri, come quello di tipo minerario o ambientale /naturalistico).

Così si andrebbe in direzione di uno sviluppo sostenibile.

Per tutto quanto menzionato, e per tante altre motivazioni mi auguro un voto largo e diffuso di assenso a questo provvedimento, che disciplina il settore e fornisce un quadro di regole omogenee, certe ed applicabili.

Di pari auspico un impegno concreto a portare in quest’aula a brevissimo giro la legge 168/2011 così come emendata dalla Commissione e comunque una complessiva rivisitazione della normativa” conseguente e collegata al Prae.

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