I moderati sconfitti nell’era dei Barbari.

 

Cari amici, ben ritrovati.

Dopo l’opportuno riposo, oggi è ora di bilanci e di analisi.

Non tanto sul mio risultato. Questo è fin troppo chiaro e parla di evidente sconfitta. Sconfitta senza se e senza ma: della strategia, della prospettiva suggerita al collegio, ed in principal modo alla mia città, ma soprattutto sconfitta di un’opzione di indipendenza non compresa tanto a destra quanto a sinistra come nel mio amato mondo civico.

Una sconfitta piena e senza alibi. Qualcuno mi dice: “E’ il vento che spirava in Italia…”, qualcun altro “Hai comunque preso un 2,5% in più rispetto al dato del Senato ponderato sul collegio…”.

Alibi, appunto!

Si è perso e bisogna ammetterlo in modo chiaro ed inequivocabile, tuttavia personalmente ho fatto una delle esperienze più belle della mia ormai lunga storia politica e su cui magari scriverò su queste pagine fra qualche tempo.

Quello che mi interessa invece oggi analizzare in queste pagine è un dato complessivo e non mi riferisco a spiegare chi ha vinto e perché… anche su questo ci sarà tempo, ma quello che emerge con chiarezza è che da questa competizione sono risultati sconfitti i moderati.

Categoria strana, spesso incomprensibile ed equivoca e sovente diffidata.

Le ragioni di questa “assenza del voto moderato” sono certamente profonde, ma io sono convinto che le istanze dei moderati non hanno trovato rappresentanza perché da troppi anni chi doveva rappresentarli non è più in grado di farlo… rectius non ne intercetta i bisogni sui territori.

Mi spiego meglio. Per 40 anni la DC e poi FI e UDC da un lato o il PPI/Margherita dall’altro erano vivi e forti nello scenario politico perché i loro rappresentanti erano presenti sui territori e su questi di gran lunga più competitivi degli altri (esempi ne abbiamo chiari anche nella nostra stessa Guidonia Montecelio!).

Anni di porcellum e l’elezione, sovente, di leccacxxx nominati, hanno ridotto drasticamente le capacità di intercettare i territori e le istanze da essi provenienti. Ci si è disabituati al lavoro quotidiano complesso e defaticante, fatto di caffè, rapporti, sezioni, piccoli interventi amministrativi e si sono privilegiati i media, i palazzi e le feste delle dirigenze dei partiti. Tanto venivi eletto in parlamento in quanto venivi posto dal “capo” in posizione utile all’elezione… perchè affaticarsi dietro alle persone e ai lori bisogni?

Si è anche teorizzato in qualche cenacolo elitario tale sistema come il superamento (finalmente!) delle clientele e delle deviazioni della democrazia rappresentativa (Sic!).

Col ritorno dei collegi il sistema si è destabilizzato e né i cittadini, né i politici si sono resi conto che qualcosa era cambiato… forse lo si sta percependo solo in questi giorni, almeno spero!!!

Il tema del futuro, per le ragioni più varie, non era stato mai posto, ora il futuro è arrivato cogliendo di sorpresa le classi dirigenti dei “moderati”.

Mentre il vecchio impero viene occupato dai “barbari” manca chi sappia proporre un progetto, offrire un orizzonte.

La strada segnata e per me necessaria è – eliminati i personalismi – quello dell’osmosi tra i blocchi che si sono contrapposti nella Seconda Repubblica. Iniziata timidamente in fase embrionale con le larghe intese ai tempi del governo Letta e col patto del Nazareno, più recentemente oggi va teorizzata e perseguita.

Penso con convinzione che sia il tempo per un’operazione macroniana anche in Italia e che, in questa ottica, il ruolo di opposizione per il PD e auspico anche per FI non possa che fare bene alla mente e al corpo.

Un’area di rappresentanza alternativa a quella populista e sovranista dei fondatori della Terza Repubblica Salvini e Di Maio oggi in affanno ma protesa all’avvenire per preconizzare un paese moderno e competitivo.

Ad maiora

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